Gracidano i fenicotteri nella Camargue, rumorosi schizzi rosa tra paludi e stagni. E io bambina e tu obiettivo come disegni a carboncino sull’eternità marmorea delle arene Ellittici nelle ellissi, reziari tra i reziari la mìmesi diventa un obbligo scolpito sulla pietra: audioguidato il circolo compìto di tribuna in tribuna, appesa a un pollice la vita. Siamo corpi, ci avvinghiamo, urliamo: dove sono gli eroi di Nimes? Gli aruspici soffiano sul sangue, noi beviamo rosè e intanto viaggiano sensali di futuro tra le anse del Grande Rodano Al entrade del tens clar,......Eya! Pir joie recomençar............Eya! La lingua s’ibrida in un soffio sul paese presepe, parcheggiamo alla rinfusa scossi dai troppi segni: semiotica ipnosi davanti al Pont du Gard e ai bagni del sole nel fiume. L’ultimo giorno di un anno astrale esplode d’artifici, foie gras e pirotecnica neve. Scriviamo bilanci sui menù, grondiamo promesse e chissà se reggerò alla meraviglia di queste messe laiche. Ci salva un trenino buffo improvvisato un portafoglio perso e ritrovato oltreconfine grazie a una Gloria illuminata e alle sue mani che guariscono anime dolenti: epifanie inani come il Trofeo che incanta di Storia il vento. Al entrade del tens clar,......Eya! Pir joie recomençar............Eya! Nella morbidezza delle corride innocue pulsa l’atlante delle possibilità: venti miglia, venti miglia ancora e salutiamo i volgari troubaudors dietro l’aurora.