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Mantra mattutino

ESTRAGONE Didi.
VLADIMIRO Sì.
ESTRAGONE Non posso più andare avanti così.
VLADIMIRO Sono cose che si dicono.
ESTRAGONE Se provassimo a lasciarci? Forse le cose andrebbero meglio.
VLADIMIRO C’impiccheremo domani. (Pausa). A meno che Godot non venga. ESTRAGONE E se viene?
VLADIMIRO Saremo salvati. (Vladimiro si toglie il cappello – che è quello di Lucky – ci guarda dentro, ci passa la mano, lo scuote, lo rimette in testa).
da "Waiting for Godot", Samuel Beckett
Mantra notturno
Che cosa significa “la realtà”? [...] A volte sembra nascondersi dietro forme troppo lontane perché ci sia possibile capire la loro vera natura. Ma qualunque cosa essa tocchi, viene fissata e resa permanente. E' questo che ci resta, quando abbiamo gettato dietro la siepe la buccia vuota del giorno; è questo che ci resta del tempo passato, dei nostri amori e delle nostre avversioni.
da “Una stanza tutta per sé”, Virginia Woolf
Per non morire mai
And did you get what
you wanted from this life, even so?
I did.
And what did you want?
To call myself beloved, to feel myself
beloved on the earth.
E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos’è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra.
"Late fragment", Raymond Carver
Per avere una meta
L'atlante del Gran Kan contiene anche le carte delle terre promesse visitate nel pensiero ma non ancora scoperte o fondate: la Nuova Atlantide, Utopia, la Città del Sole, Oceana, Tamoé, Armonia, New-Lanark, Icaria.
Chiese a Marco Kublai: - Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quale di questi futuri ci spingono i venti propizi.
- Per questi porti non saprei tracciare la rotta sulla carta né fissare la data dell'approdo. Alle volte mi basta uno scorcio che s'apre nel bel mezzo d'un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s'incontrano nel viavai, per pensare che partendo di lì metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d'istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie.
Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla. Forse mentre noi parliamo sta affiorando sparsa entro i confini del tuo impero; puoi rintracciarla, ma a quel modo che t'ho detto.
Già il Gran Kan stava sfogliando nel suo atlante le carte delle città che minacciano negli incubi e nelle maledizioni: Enoch, Babilonia, Yahoo, Butua, Brave New World.
Dice: - Tutto è inutile, se l'ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente.
E Polo: - L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
da "Le città invisibili", Italo Calvino
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9 luglio 2008
Italia nostra/ La piazza e le piazzate
| inviato da bloGodot il 9/7/2008 alle 15:54 | |
3 luglio 2008
Femminismi/ Rattusi al potere

Dev'essere dura la vita delle donne che frequentano certi ambienti. Bollate come pazze dal premier che telefona per far loro ottenere una particina in una fiction che non ricorderà nessuno. Ridotte al lumicino dopo festini a base di sesso e cocaina con gli onorevoli. Nominate ministri senza avere un briciolo di competenza, soltanto in virtù dell'essere strafighe. Obbligate a fare sesso con portavoci molto poco piacenti per "sfondare", ovvero (!) per arrivare a sposarsi con miliardari ex play-boy un tempo affascinanti oggi cascanti. "Creature" di. Amiche di. Amanti di. Protette di. Costrette a sopportare continui commenti piccanti, battute pseudo-salaci da sfigati (d'alto bordo, ma sempre sfigati). A casa della nostra metà femminile, nell'ameno Sud Pontino che lo ha mutuato dal napoletano, li chiamano "rattusi" (per una bella spiegazione del termine leggete qui). Trattasi di uomini, per lo più over 50, dotati di occhi porcini e mani leste, altrimenti detti "viscidoni", che altro non vedono nell'universo femminile che paradisiaci concentrati di culi, tette, pelli levigate e capelli setosi: elisir di giovinezza in carne e ossa, facilissimi da mandar giù se si dispone di potere. Ma che diciamo potere! Basta un micro-incarico, un posticino da usciere o impiegato in un luogo strategico, un sottosegretariato, una poltrona in Consiglio regionale, un teleromanzo da dirigere, un amico di un amico che fa il casting per un varietà.
La carica dei rattusi al potere - guai a chiamarli "magnaccia", guai (la Finocchiaro s'indigna di nuovo e, dati i precedenti, abbiamo capito che ci è) - arriva a farci rimpiangere i democristiani della prima ora, i preti laici, i padri di famiglia che facevano i diaconi in parrocchia. Resta un dubbio: è il potere a fare il rattuso o il rattuso a conquistare il potere? Nell'Italia del 2008 propendiamo per la seconda. Consci che con i rattusi al comando muore il mito del maschio italico, sopraffatto da ometti tinti e goffi, da trapianti di capelli e quintali di cerone, da abbronzature artificiali, scarpe col tacco e sorrisetti ammiccanti. Sia chiaro: mica è solo il Berlusca. La rattusaggine dilaga a destra e a sinistra. Fossimo nei vitelloni scenderemmo in piazza.
| inviato da bloGodot il 3/7/2008 alle 14:59 | |
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