28 febbraio 2006
Dolci menzogne
Che scorpacciata di bugìe sacher m'è toccata oggi: scaglie di cioccolato servite in pompa magna da chi riesce a dire solo ciò che desidero sentire - spalmate ancora glassa, per favore -
Più insidiose le mimose con i loro dadini di mollica riccioluti e scaltri: sono gli occhi bassi i sussurri a mezza voce ambigui come rose - sintomi di un inganno al pan di spagna -
Conservo valanghe di crostate dentro il forno: una strisciolina vera, una strisciolina falsa son le bugìe dei codardi, colate di mezze verità - quanti amori di omissioni e pasta frolla -
Le mie preferite sono al profiteroles: per gonfiarle occorre un'iniezione uno squasso un'infezione zuccherosa di panna e crema
ma noi bignè restiamo incisi e non scordiamo.
(emmeper)
| inviato da il 28/2/2006 alle 20:21 | |
27 febbraio 2006
Flash dalla città d'acqua

Acqua dappertutto, maschere, tappeti di coriandoli. La folla non infastidisce perché incanta. Come il mistero della città emersa che speriamo non finisca mai sommersa. Come l'Assunta di Tiziano in Santa Maria Gloriosa dei Frari. Come i quadri naturali che si spalancano a ogni sguardo, che nessuna fotografia riuscirà mai a rubare. Piazza San Marco, ieri, era una bomboniera piena di confetti colorati agitata tra le mani di qualcuno. E noi eravamo bambini ipnotizzati. C'è da chiedersi, a volte, come sia possibile sopportare la Bellezza.



| inviato da il 27/2/2006 alle 13:57 | |
23 febbraio 2006
Qualcuno faccia dimettere la Fallaci
(ANSA) - FIRENZE, 23 FEB - Oriana Fallaci sta preparando una vignetta su Maometto. Lo ha annunciato lei stessa, martedì sera nella sede del consolato italiano a New York, dove ha ricevuto la Medaglia d'Oro dal presidente del consiglio regionale della Toscana Riccardo Nencini. È quanto riferisce il «Giornale della Toscana» in un ampio servizio in cui il direttore Riccardo Mazzoni racconta la cerimonia. La Fallaci ha spiegato di voler raffigurare Maometto «con le sue nove mogli, fra cui la bambina che sposò a 70 anni, le sedici concubine e una cammella col burqa. La matita, per ora, si è infranta sulla figura della cammella, ma il prossimo tentativo probabilmente andrà meglio». (ANSA).
23-FEB-06 11:37 NNN
Si salvi chi può.
| inviato da il 23/2/2006 alle 13:28 | |
22 febbraio 2006
Benigni e l'ombra d'oro

Ieri abbiamo avuto la fortuna di assistere all'ennesimo show di Roberto Benigni in televisione, ospite della trasmissione "Il senso della vita" condotta da Paolo Bonolis. I giornali di oggi si sono soffermati soprattutto sulla solita lieve satira politica: due ottavine improvvisate da Benigni sullo scontro elettorale Prodi-Berlusconi. Simpatiche, ma niente di più. Tutto il resto, invece, è stato magnetico: l'artista Benigni è cresciuto a vista d'occhio, anno dopo anno. Nessuno, se non lui, riuscirebbe a emozionare platee tanto eterogenee. Perché il Maestro toscano - ormai è ora che lo chiamiamo così - parla ai colti e agli incolti: cita Dante (il suo grande vero amore) a ogni piè sospinto e racconta di suo padre contadino, infila una citazione di Sant'Agostino mentre commenta un calendario della Ferilli, cita Walt Whitman e "legge" un quadro di Filippo Lippi, racconta il suo incontro spirituale con Papa Woytila e quello cinematografico con Jim Jarmusch, si commuove pensando a Berlinguer e poi esalta il culto della Madonna. Sacro e profano, personale e collettivo: Benigni frulla il mondo contemporaneo in un'originalissima visione.
Per alcuni è dolciastro il suo continuo appello all'amore. Sarà. Ma quando è apparsa la foto di Nicoletta Braschi sullo schermo gigante in sala e lui è corso a baciarla dicendo che "Nicoletta è come una montagna di neve che va custodita e protetta all'ombra", noi abbiamo avuto un fremito, una specie di illuminazione: abbiamo visto materializzarsi davanti ai nostri occhi tutte le nostre montagne di neve, tutti i gioielli che la vita ci ha regalato. E' doveroso proteggerli, ci siamo detti.
Poi abbiamo pensato anche a un'altra cosa. Nell'ultimo libro di Alessandro Baricco, "Questa storia", il protagonista ha una particolarità: l'autore la chiama ombra d'oro. E' quella sorta di aura che alcune persone sembrano portarsi dietro, quel fascino indefinibile che le rende speciali e immediatamente distinguibili dalle altre. Ecco, Benigni ha l'ombra d'oro. Proteggiamolo, ché è uno degli italiani che ci fanno andare ancora fieri di questo Paese.
| inviato da il 22/2/2006 alle 16:12 | |
21 febbraio 2006
Chissà se...

... per monsignor Paul Marcinkus si spalancheranno le porte del Paradiso o i gironi dell'Inferno.
Noi un'idea ce l'avremmo. Ma siamo indecisi tra i golosi e i prepotenti.
| inviato da il 21/2/2006 alle 17:10 | |
20 febbraio 2006
Addio Luca, con te muore un pezzo di noi
Era diventato uno slogan: "Siamo tutti Luca Coscioni". Il perché l'aveva spiegato Christian Rocca meglio di chiunque altro, sul Foglio del 27 gennaio 2005:
"Luca è respirante e pensante. Come noi. Luca-siamo-noi, non in atto né in potenza, ma qui e ora. Preferire l'embrione-vita alla vita-di-Coscioni equivale a credere che ci sia vita nella Madonna di Civitavecchia. Tanto poi chi se ne fotte se nel mondo c'è chi lacrima davvero"
Ricoverato al Gemelli nell'estate del 2005, Coscioni stesso aveva scritto:
"Non posso che vivere il tempo dando più fiato possibile, che è anelito d’amore e di speranza, a questa storia di libertà, di civiltà, di democrazia, di chi malato ha il diritto di avvalersi del progresso della ricerca scientifica affinché il diritto alla salute venga rispettato e non violato da una legge-dogma di Stato che in nome della fede blocca, sbarra la libertà di ricerca"
Luca Coscioni è morto oggi. Siamo tutti Luca Coscioni. Oggi è morto un pezzo di noi.
| inviato da il 20/2/2006 alle 17:22 | |
17 febbraio 2006
La resa (ironica bandiera bianca semipoetica)

Ho smesso. Gli abiti antichi, la vecchia musica sconcia. Non bisogna gettare la maschera, risalire gli argini remare mentre la marea avanza impallidendo saltare il fosso sgocciolanti di ambrosia.
Occorre. Lo ha scritto il professore T. E' l’autorevole parere del massimo esperto I. Lo sostengono lo scienziato V. e i suoi collaboratori. Non lo ha negato l'acerrimo nemico U.
Risulta, dunque è. Cavalcavamo il mare quando apparve: filamenti di porpora stingevano le nuvole, tra le sue mani il libro aperto che ero diventata e una noia stolta incastrata nello sguardo.
E' necessario. Mantenere le distanze di sicurezza tenere l'ancora sempre a bordo, mai navigare a vista restare ai margini della mischia. Arrendersi. "Neutralità!", gridava il comandante dalla stiva
è così che poi si muore.
(emmeper)
P.S. Non c'entra nulla, ma queste sono cose per cui bisognerebbe indignarsi.
| inviato da il 17/2/2006 alle 17:9 | |
16 febbraio 2006
Tipi moderni/ Gli ammazzasogni

C'è gente che se ne va in giro ad ammazzare i sogni altrui. Ancora non abbiamo capito se lo fanno metodicamente, con gusto, o se - miseri - lo fanno per qualche bislacca componente genetica che li rende talmente iperrazionali da trasformarli in killer scientifici dell'immaginazione.
Stiamo parlando di quelle persone capaci di mettere a tacere qualsiasi entusiasmo. I trionfatori di conversazioni del genere: - Finalmente 15 giorni di ferie - Tanto poi si deve tornare
Oppure: - Abbiamo deciso di sposarci - Tutti futuri soldi per gli avvocati
Oppure ancora: - Tizia è incinta! - Oddio che coraggio
Gli ammazzasogni sono disseminati ovunque. Alcuni sono espliciti: l'omicidio dell'entusiasmo avviene attraverso le parole. I peggiori, però, sono quelli che silenziano anche soltanto l'idea di una felicità futura con l'espressione del volto. - Che ne dici, andiamo a Vienna per la mostra di Schiele? (sorriso e occhi che brillano) - Certo, bisogna vedere soltanto come organizzarci (improvviso velo sugli occhi, labbra serrate, perle di sudore sulle tempie) Non è pessimismo, capite? E' un'idiosincrasia con la gioia e i progetti altrui, una forma estrema di egoismo: "Nulla di ciò che riguarda gli altri è meritevole di una mia compartecipazione emotiva". Passerà pure per distacco o aplomb (tanto chic, di questi tempi), ma a noi non piace. Evviva la mediterraneità, evviva chi partecipa col cuore, evviva chi sa sorridere con chi sorride. Soltanto loro sanno poi piangere con chi piange.
| inviato da il 16/2/2006 alle 18:25 | |
14 febbraio 2006
Piccioni al semaforo

Mentre fumavo una sigaretta all'angolo tra via Ottaviano e viale Giulio Cesare, pensando oziosamente che sarebbe meglio andare in ferie prima dell'arrivo di questa primavera, invece che nelle infernali, affollate e torride giornate estive, ho avuto modo di osservare uno strano fenomeno.
Folate di piccioni, in tutto una cinquantina o forse più, scendevano in picchiata dal tiglio dove stazionavano e piombavano sulla strada, appena dopo l'incrocio, mettendosi a beccare furiosamente l'asfalto. Era evidentemente ricco, in quel determinato punto, di quel qualsiasi-cosa-sia-quello-di-cui-si-nutrono-i-piccioni. Un paio di minuti di becchettìo frenetico e poi via, tutti insieme, di nuovo sull'albero.
Siccome mi trovavo in una disposizione d'animo piuttosto pieroangelistica, mi sono messo ad osservare quel comportamento dal punto di vista scientifico. Forse faceva parte di qualche strano rituale volatile. Forse troppa gente li innervosiva. Mi ci sono voluti due o tre di questi blitz per capire.
I piccioni avevano scoperto il concetto di semaforo.
Luce rossa. Le macchine non passano su quel tratto di strada. Tutti giù per terra, a ingozzarsi. Luce verde. Ripartono i rumorosi mostri di metallo. Interrompere il pasto. E così via. Osservazione. Pronti al decollo. Raid fulmineo, cibo. Che un paio si mettano di sentinella. Via, ora! Rapido disimpegno. In postazione, nuova attesa. Osservazione. Fino alla fine delle briciole.
Se fossi stato più in forma avrei certamente fatto, lì per lì, qualche riflessione profonda su questa strana interazione tra città e animali, sulla natura piegata alle esigenze del progresso, e così via. Sentivo, in qualche modo, una certa affinità tra quel comportamento e il nostro, come se qualcosa più grande di noi ci lasciasse solo un po' di tempo, a intermittenza, per beccare le nostre briciole di vita. Ma erano concetti troppo amari per coltivarli in una giornata come questa, e li ho lasciati seccare così, appena abbozzati.
Ho buttato la sigaretta e di buon passo mi sono avviato per la mia strada. Passando in mezzo ai piccioni, naturalmente.
(aven)
| inviato da il 14/2/2006 alle 16:39 | |
11 febbraio 2006
Quel saluto un sabato di sole

La nostra giornata di oggi è stata inevitabilmente rovinata - oltre che dall'influenza aviaria - dalla visione in diretta del presidente del Consiglio che salutava a due mani un manipolo di "fedeli" dalla seconda finestra in alto a destra del terzo piano di Palazzo Chigi. Oltre al Papa, noi ricordiamo soltanto un altro uomo solito affacciarsi da un celebre palazzo romano. Non possiamo sapere che cosa in genere dicessero a lui, ma abbiamo sentito molto bene quello che un gruppo di ragazzi gridava forte oggi. Ed erano parolacce. Dev'essere per questo che Berlusconi ha pensato bene di battere immediatamente la ritirata. Meno male che c'era il sole. Perché, sapete, di bello come Roma sotto il sole c'è veramente poco a questo mondo. Buona domenica.

| inviato da il 11/2/2006 alle 21:26 | |
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